Chi era Antonio Mario Radmilli
Antonio Mario Radmilli.
Questo nome a molti potrebbe non dire nulla, ma è una figura molto importante per Tivoli e per l’archeologia tutta.
Studioso della preistoria all’Università di Padova, dovette trasferirsi quando cominciò a lavorare al Museo Luigi Pigorini di Roma. Essendo soltanto uno studente, non ricco, dovette cercare un alloggio economico e conveniente. Lo trovò un po’ lontano da Roma: a Bagni di Tivoli.
Le grotte vicino Ponte Lucano
Era un uomo con una forte curiosità. Spinto da questa, infatti, cominciò ad esplorare il territorio intorno a Bagni di Tivoli, fino a che non si trovò davanti alle quattro grotte situate vicino ponte Lucano.
Già conosciute dai tiburtini, erano però ancora inesplorate perché ad ogni piena dell’Aniene si riempivano di acqua.
Radmilli però decise di farlo. Voleva esplorarle a tutti i costi.
L’amico di Radmilli: Francesco Polesini
Esplorò le grotte numerose volte, non trovando nulla di particolarmente interessante.
Un giorno, però, durante una nuova visita, si fa accompagnare da un suo amico: il marchese Francesco Polesini.
Durante la spedizione Polesini sbatté la testa su di una roccia, ferendosi in materia lieve. Radmilli, per ripagarlo moralmente del “danno” subito, volle intitolargli quella grotta in particolare, che da lì in poi si chiamò Grotta Polesini.
Grotta Polesini è come la conosciamo ancora oggi e il regalo di intitolarla all’amico Polesini ebbe un valore inestimabile. Forse di più di quello che lo stesso Radmilli si aspettava.
Perché questa grotta è così importante?
Gli scavi nella grotta Polesini minacciati dalla mancanza di fondi
Antonio Mario Radmilli decise che il suo obiettivo da lì a poco tempo sarebbe stato quello di incominciare gli scavi nella grotta Polesini, sperando di trovare reperti e tesori di un passato lontano.
La sovrintendenza però non pagò gli scavi. Radmilli, in prima battuta, rimase deluso, ma non si lasciò abbattere. Decise di pagare gli scavi di tasca propria, per un costo totale di 34 mila lire (ricordiamoci che eravamo nel 1952!).
Le avversità, purtroppo per lui, non finirono lì.
Iniziati gli scavi si accorsero che il fondo della grotta era piena di acqua e che sarebbe servita una pompa molto costosa per buttare l’acqua fuori dalla grotta.
Una scoperta archeologica resa possibile anche dai tiburtini
Fu qui che entrò in gioco la generosità dei tiburtini ed in particolare dei vigili del fuoco locali, che misero a disposizione la loro pompa.
Il coraggio di Radmilli e la generosità dei tiburtini vennero ripagati: nella grotta Polesini aveva vissuto l’homo sapiens. Vi erano le tracce. Quello che venne trovato fu di un’importanza enorme.
Nella grotta Polesini aveva vissuto l’homo sapiens
Nella grotta Polesini, vicina al Ponte Lucano, fu trovato un tesoro inestimabile.
30mila strumenti;
350mila schegge lavorate di vario tipo;
quintali di ossa di animali.
Tutto ciò permette di ricostruire le capacità, le lavorazioni, l’alimentazione degli uomini e le donne che abitavano la piana tiburtina 12mila anni fa. Una scoperta inestimabile.